INTERVISTA – su “Grazia” di Chiara Gamberale

Su “Grazia” Chiara intervista Erica Mou, fra onde e anomalie, tutte necessarie.

Di persone intonate, si sa, ormai se ne trovano: ma sono sempre meno quelle che hanno anche una voce loro, loro e basta.
Erica Mou, all’anagrafe Erica Musci, classe novanta, è una di queste.
Un’artista vera, in poche parole, che dopo avere incantato tutti e vinto il premio Mia Martini sul palco dell’Ariston l’anno scorso, ora torna con un disco che creerà dipendenza, “Contro le onde”.
Poetico, surreale, divertito, commovente: il suo disco riesce a essere tutte queste cose insieme. Ma lei come fa a gestire tonalità così diverse?
Credo che tutte le persone abbiano tante possibilità dentro di loro…Tenerle insieme non è facile, e io per provarci scrivo canzoni. I due grandi temi di questo disco sono agli antipodi: sono la forza dell’identità e il bisogno di fuga, sia mentale che fisica. Il rischio di andare, appunto, contro le onde. Anche se ci si può fare male.
“Mi perdo sempre, ma so sempre da che parte è il mare”, canta, in un pezzo che arriva dritto in pancia e lì rimane, “Dove cadono i fulmini”.
Che cos’è il mare, per lei?
Da una parte lo amo, da una parte mi terrorizza. Il mare è il grande tema della mia vita. E’ libertà sconfinata, azzardo. Nello stesso tempo è casa mia. Io sono nata, sul mare.
A Bisceglie. Ed è una dei pochi cantanti che ha scelto di non trasferirsi a Roma o a Milano. Perché?
A me piace condividere la maggior parte del tempo con le mie persone preferite: i miei amici, la mia famiglia. E mi frena il timore di un appiattimento…
In che senso?
A Roma o a Milano succedono tante cose: e il rischio è di finire a fare la presenzialista, di perdere il mio universo personale di riferimento. Ma dopo questo disco sono uscita dalla cameretta della mia relazione con me stessa e sono entrata più in relazione con il mondo, là fuori. Chissà non arrivi anche il momento di provare la grande città… Male che vada poi mi trasferirò a Formentera. L’importante è tenere lo spirito vivo.
Come è arrivata la musica, nella sua vita?
Per un capriccio. A tre anni mi ero fissata di fare la violinista e i miei, poveretti, mi hanno portato a una scuola di musica, ma ero troppo piccola…Così ho cominciato a prendere lezioni di canto. A sette anni ho cominciato a scrivere canzoni per prendere in giro mio fratello e per denunciare tutti i grandi che mi facevano sentire troppo piccola per capire le loro cose. Da lì in poi non ho mai smesso: è il mio modo per tenere un diario segreto senza quella meticolosità che non mi appartiene.
Qual è la canzone che più la rappresenta?
Questo disco sono io. Sono tutte e dieci le sue canzoni. “Il ritmo”, per esempio, è un pezzo divertente e leggero che non credevo di avere dentro, in “Contro le onde” racconto l’incredulità del mio primo confronto con la morte di una persona cara. Poi ci sono le canzoni d’amore.
E non è mai scontato l’amore che canta.
Come non è mai scontato l’amore vero, quello bello. Non dico che deve essere tormentato, per carità. Ma anomalo sì. E’ qualcosa di esclusivo, non potrebbe accadere che fra quelle due persone lì.
Da “libera le mie gambe dalle radici stanche” a “mai mi abituerò al ciclo”, il suo disco è un collage di frasi spiazzanti, di metafore coraggiose. Che rapporto ha con le parole?
Io parlo tanto, troppo…Ma ascolto, anche. Mi chiamano “la calamita”, perché intercetto di continuo casi umani, storie. Sono molto più interessata alle parole che ai fatti: chi se ne frega se non sono vere. Anche quelle bugiarde hanno un loro senso, esistono, restano, influenzano. L’insaziabile bisogno di uno scambio verbale con gli altri è la mia vera fonte d’ispirazione.
Dando un’occhiata alla sua fan page,www.facebook.com/ericamou, si ha l’impressione di un contatto molto vivo con il suo pubblico.
La mia grande gioia è quando qualcuno si riconosce in quello che canto…Amo, dopo i concerti, parlare (tanto per cambiare!), con le persone. Sono proprio loro che mi fanno capire meglio le mie canzoni, che mi mettono in contatto con il loro mistero. Insomma, solo fra un anno, dopo il tour, saprò realmente che cosa volevo esprimere con “Contro le onde”!